di Effegi
A Monza, la Villa Reale riapre i suoi giardini al dialogo fra arte e mondo. Non si tratta di un semplice allestimento, ma di un gesto che ambisce a riscrivere la relazione tra spazio pubblico, paesaggio e coscienza collettiva. Dal 1° novembre 2025, Michelangelo Pistoletto ha portato nel cuore verde del complesso neoclassico progettato da Giuseppe Piermarini una nuova incarnazione del suo Terzo Paradiso: un simbolo planetario di equilibrio, composto qui da cento panchine in plastica riciclata che, disposte secondo il disegno dell’infinito riformulato, ridisegnano l’orizzonte dei Giardini Reali.
La mostra in cui l’opera si inserisce, intitolata “UR-RA – Unity of Religions – Responsibility of Art”, è più di un’antologica: è una dichiarazione di poetica e di fede nell’arte come linguaggio etico, come forma di pace preventiva. Curata da Francesco Monico, l’esposizione si snoda tra le sale nobili della Villa — con opere storiche che raccontano il cammino di Pistoletto dal 1957 a oggi, dai Quadri specchianti alla Venere degli stracci — per poi aprirsi, fisicamente e concettualmente, sul paesaggio esterno, dove il Terzo Paradiso prende corpo nella materia stessa del quotidiano.
E quindi un infinito di panchine
La scelta delle panchine, e non di una scultura monumentale, è significativa: il gesto artistico si fa infrastruttura civica, oggetto d’uso, luogo d’incontro. L’opera non invita a contemplare, ma a sedersi, a sostare, a condividere. In questo senso, Pistoletto continua la sua esplorazione della relazione tra arte e vita, avviata fin dagli anni Sessanta con la Cittadellarte di Biella — laboratorio e comunità dedicata a fondere creatività e responsabilità sociale.
Le cento panchine, realizzate in materiale completamente riciclato, disegnano una figura che può essere colta pienamente solo dall’alto, o da una certa distanza: tre cerchi intrecciati che trasformano il segno matematico dell’infinito in un’icona antropologica. Il Terzo Paradiso, nella definizione dello stesso Pistoletto, è il luogo di congiunzione tra il primo paradiso — quello naturale, incontaminato — e il secondo — quello artificiale, dominato dalla tecnologia e dal consumo. L’artista ne fa il simbolo di una terza fase dell’umanità, in cui natura e artificio non si elidono ma si riconciliano, generando un nuovo equilibrio planetario.
A Monza, questa riconciliazione prende forma attraverso un gesto urbano: la panchina come segno della socialità ritrovata, come possibilità di sostare nel mondo invece di attraversarlo distrattamente. Ogni panchina è un invito alla relazione, e la loro disposizione in un disegno armonico trasforma la sosta individuale in un atto collettivo, un rito laico della convivenza.
L’articolo completo sul blog di Fabio Galli che trovate in basso.
(12 novembre 2025)
©gaiaitalia.com 2025 – diritti riservati, riproduzione vietata

